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Cintura

di Chiara Valerio

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25 novembre 2009

Io non le ho mai sopportate. Non che ne avessi molte. Ecco, forse ne avevo solo una, di corda rossa. Sono quasi certa. Ma non ricordo come ci siamo incrociate. Anzi sì, non posso proprio dimenticarlo. Lo so, è qualcosa che ha a che fare con la vita, per tutti, ma non sono mai riuscita a farci i conti. Quella di corda rossa era in casa già prima di me. Non l'ho scelta. Le parti metalliche cominciavano appena a mostrare qualche macchia di ruggine. E neppure lei mi ha scelto. Ci siamo incrociate quando io ho aperto l'armadio di mia madre. Le due ante centrali. Che avevano ciascuna uno specchio. Il mio gioco preferito era starci in mezzo e contare tutte le repliche che potevo. Sono sempre stata una bambina solitaria, forse per-ché sono cresciuta in una casa dove potevo mettermi tra due specchi e moltiplicarmi fino a due legioni romane o all'affollamento di una sala da ballo. Non che fossi vestita da ballo. De-ve essere stato questo pensiero da vestito di gala a farmi alzare gli occhi sugli scaffali. Indossavo una canottiera bianca di mio padre che mi arrivava fino ai piedi. Mi sentivo troppo slabbrata per potermi raccontare di essere una principessa. E di andare a combattere i Parti non avevo voglia. Al ballo, nella sala degli specchi però, eravamo tutte molto poco adatte al tono della serata. Era colpa mia se eravamo fuori posto, sono sicura che mi sarei messa a piangere, innervosita. E avrei cambiato gioco. Sarei tornata a scavalcare cancelli a lance, se non l'avessi vista. O dai Parti, che in fondo un po' eravamo amici. Doveva sempre essere stata lì. Dovevo averla già vista milioni di volte. Senza mai riservarle la giusta attenzione. In fondo non mi serviva. E non mi piaceva. Forse un poco anche la odiavo. E invece ecco la mia mano, le nostre mani, mie e quelle degli specchi, allungarsi fino ad afferrarla. Come una carezza grata. Un lembo appena, rosso. Avrebbe potuto essere una cravatta di corda se non fosse stato per la striscia sottilissima di metallo che ne serrava l'estremità. Così ho sfilato la cintura e l'ho guardata con sospetto. Sarebbe stata la soluzione per il mio vestito di gala? per il nostro vestito? Dovevo provare. Così me la sono girata intorno alla vita, fino a quando la canottiera di papà non s'è dimidiata in una gonna rigida e in una piccola blusa larga. Ho guardato la fibbia, era opaca, mi sono sentita così felice che ho sfilato la cintura e ho lucidato tutto il possibile. Non per avere tre desideri ma perché fosse bellissima. Sembrava quella di Wonder Woman. Così ho capito. La cintura di corda rossa mi aspettava. Altro che ballo. Mi sono sfilata la canottiera. Con le mutande azzurre e la cintura rossa sembravo Wonder Woman. Anzi, lo ero. Ed ero pronta a difendere il mondo. Poi non è successo niente. Anzi, peg-gio, è successo poco. Ecco perché odio le cinture. Meglio le bacchette magiche.

25 novembre 2009
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